«Segreti d’Autore»: se a raccontare Napoli è un gigante di carta

 

Segreti d’autore

Lo abbiamo imparato dal nostro Manzoni, fin dai banchi di scuola: nella famosa lettera a Cesare D’Azeglio, il futuro autore dei Promessi sposi prospettava una letteratura, un’arte che avessero «l’utile per scopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo». Tre aggettivi che ritornano in mente, adesso, con il progetto Segreti d’Autore, un libro nato dalla collaborazione tra Fondazione Banco di Napoli e «Il Mattino», e con il sostegno del Banco di Napoli.

Di che cosa si tratta? È una raccolta, unica nel suo genere, di ventisei racconti (la gran parte pubblicati sulle pagine del quotidiano napoletano, più alcuni inediti), tratti dai documenti dell’Archivio storico del Banco di Napoli, nell’ambito del progetto di valorizzazione messo in campo da IlCartastorie (museo dell’Archivio storico del Banco di Napoli).

Una mole enorme di documenti conservati nel più grande archivio bancario del mondo che, grazie al lavoro di ricerca del direttore Eduardo Nappi, e alla penna di alcune importanti firme della letteratura e del giornalismo, escono con i loro segreti custoditi da secoli nelle carte impolverate per farsi vita, narrazione, sentimento.
La storia di Napoli e del popolo napoletano, con i suoi eventi, i suoi luoghi, e i suoi personaggi più o meno noti, si dispiega così davanti agli occhi dei lettori, come una sorta di lanterna magica vivida e colorata, coniugando appunto l’utile della conoscenza, il vero dell’argomento e l’interessante della narrazione. È, in fin dei conti, una rievocazione di fantasmi, di «questi fantasmi» incarnati nel destino di una città che non ha mai smesso di tessere la sua infinita tela di racconti. Dalla terribile peste del Seicento alle eruzioni del Vesuvio; dalla rivoluzione partenopea del 1799 alla devozione per San Gennaro; dal Cimitero delle 366 fosse all’imponente Albergo dei Poveri, detto «Il Serraglio», voluto da Carlo di Borbone, fino all’Ospedale degli Incurabili (uno dei più importanti luoghi dell’arte sanitaria a Napoli, che nei documenti d’archivio schiude i segreti delle infinite storie dei suoi pazienti, svelando i loro nomi e i loro mali); e ancora: dal soggiorno napoletano di Caravaggio (con le sue Sette Opere di Misericordia e la mai ritrovata Pala Radovolich) al «delitto d’onore» di Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa per mano del principe madrigalista Carlo Gesualdo; dalla parabola di Angelo Carasale, ex maniscalco divenuto celebre impresario teatrale e direttore dei lavori del San Carlo (poi finito miseramente in prigione), ai misteri alchemici del principe di Sansevero Raimondo di Sangro; dalla bottega del pittore François de Nomé, detto Monsù Desiderio, fino alla rivolta di Masaniello, è davvero straordinario come la Storia riesca a declinarsi in questi racconti al plurale, a farsi «storie» (perché, come scriveva Peter Bichsel, è proprio in questo che consiste la differenza tra il narratore e lo storico: nel credere alla possibilità di mettere al plurale la Storia), trasformandosi in conoscenza filtrata dalle emozioni di uomini e donne così lontani da noi, eppure allo stesso tempo così vicini.

Voci e testimonianze che spesso ci vengono anche da cittadini anonimi: ad esempio dagli impiegati e governatori degli antichi banchi pubblici, ovvero quegli istituti di credito la cui lunga vita – interamente custodita negli archivi del Banco di Napoli – ha permesso di conservare storie di persone e di moneta, di finanza e di lavoro, che riescono a rievocare la quotidianità di una città in cui emergenza e normalità camminano da sempre di pari passo. E se questi eventi e questi personaggi, questi luoghi e queste storie custodite da un archivio di impareggiabile ricchezza, con le sue centinaia di stanze, in documenti nascosti tra antichi giornali di cassa e libri maggiori, tra pagamenti, incarichi e richieste di fondi, cause e atti processuali, sanno parlare ancora al nostro presente, a farsi volti, voci e presenze; se insomma questo enorme «gigante di carta» che a visitarlo pare sprofondato in un eterno letargo, riprende vita per raccontare la memoria di Napoli, lo si deve all’immaginazione creativa di un gruppo di scrittori che hanno reso possibile questo libro, come Angelo Cannavacciuolo, Ruggero Cappuccio, Gennaro Carillo, Francesco Caringella, Antonella Cilento, Marco Ciriello, Lucio d’Alessandro, Francesco de Core, Vittorio Del Tufo, Giuseppina De Rienzo, Diego De Silva, Andrea Di Consoli, Raffaella R. Ferré, Wanda Marasco, Luigi Mascilli Migliorini, Giuseppe Montesano, Antonio Pascale, Carmen Pellegrino, Alessandro Perissinotto, Silvio Perrella, Angelo Petrella, Stefano Piedimonte, Manlio Santanelli, Pietro Treccagnoli, Massimiliano Virgilio e Andrea Zappulli.

Il volume, curato dalla responsabile della redazione Cultura de «Il Mattino», Titta Fiore, con la prefazione del filosofo Biagio de Giovanni, è stato presentato nella sala delle assemblee del Banco di Napoli dal direttore del Mattino, Alessandro Barbano, dal presidente del Banco di Napoli, Maurizio Barracco, dal filosofo e professore emerito Biagio de Giovanni, dal direttore generale del Banco di Napoli, Francesco Guido, e dal presidente della Fondazione Banco di Napoli, Daniele Marrama.

Da “IL Mattino” articolo di Fabrizio Coscia