NAPOLI 1463 E IL BANCO FECE L’IMPRESA

La fede di credito per pagare Caravaggio della misteriosa pala Radolovich e le spettanze di Verdi, Rossini e Donizetti al San Carlo. Testimonianze della nascita della banca moderna (e degli assegni) in via dei Tribunali

Noi Governatori…facciamo fede tenere creditore in nostro Banco il Signor…per ducati “n” e restituire-
mo alla consegna di questa fede firmata e sigillata». Così a Napoli, intorno alla metà del Cinquecento, viene introdotta l’innovazione finanziaria che dà origine alla banca moderna. Attraverso l’emissione di
fedi di credito e polizze, assimilabili rispettivamente ad assegni circolari e in conto corrente, viene introdotta la circolazione cartacea: una rivoluzione perché fino ad allora per le transazioni erano utilizzate le monete metalliche e la scarsità di argento e oro frenava l’espansione economica.
Un passaggio ricostruito dagli studiosi e documentato grazie all’immenso patrimonio custodito nell’Ar-
chivio storico del Banco di Napoli: qui in 33o stanze e 20 mila metri quadri di scaffali è conservato tutto, a partire dalle fedi ai Libri Maggiori, degli otto Banchi pubblici le cui radici risalgono al 1463 nell’attività di casse di deposito degli enti caritativi e che poi diventano gli istituti di credito da cui nascerà il Banco di Napoli. 

Moneta e carta

A questa «rivoluzione» è dedicato il convegno internazionale «The rise of modem banking in Naples. A comparative perspective» («L’ascesa della banca moderna a Napoli, una prospettiva comparativa») che si ter­rà il 15-17 giugno nella sede dell’anti­co Banco dei Poveri, che oggi ospita la Fondazione Banco di Napoli e l’ar­chivio, e sarà concluso da un inter­vento del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

L’appuntamento, al quale parteci­peranno esperti, docenti universitari e banchieri (fra cui esponenti della Federal Reserve che nei loro speech sottolineeranno proprio le radicali innovazioni introdotte dai Banchi pubblici) ha due «registi» principali: Lilia Costabile, docente di Economia politica all’Università Federico II di Napoli, ed Eduardo Nappi, «storico» responsabile dell’archivio. Per quali ragioni si può indicare la nascita del­la banca moderna a Napoli, introdot­ta dai Banchi pubblici, così definiti non perché di Stato bensì perché nati per «gemmazione» da istituzioni che svolgevano opere filantropiche (ospedali o monti di pegno per pove­ri)? Spiega Lilia Costabile: «Chi depositava i soldi metallici in uno dei Banchi poteva chiedere l’emissione di fedi di credito e polizze. E chi veni­va pagato attraverso questi strumen­ti poteva incassare moneta metallica nella stessa banca, oppure effettuare la girata a un’altra persona o presso un altro Banco. Gli istituti a loro volta organizzavano una stanza di com­pensazione, svolgendo attività inter-bancaria che garantiva una maggiore circolazione cartacea. Prima pagato­re e pagato si recavano nello stesso momento nella stessa banca che tra­sferiva le somme da un deposito al­l’altro: la moneta però così non era li­quida».

Il ball in anticipato

Fedi di credito e polizze alimentano invece una circolazione cartacea che «scorre», è liquida. Le prime risalgo­no al 1570-80, poi si estendono in modo sempre più consistente. L’ar­chivio ne conserva milioni. I Banchi pubblici, autorizzati con licenza vi­cereale (spagnola) a cominciare dal Banco di Pietà (che opera da11539 e riceve il permesso ufficiale nel 1584) fino al Banco del Salvatore (1640), in­troducono poi altre innovazioni de­cisive.

Spiega ancora Lilia Costabile: «Ef­fettuano prestiti (vietati dalla “legge bancaria” se non al governo o ai po­veri) in tre modi: emettendo fedi e polizze senza il corrispettivo deposi­to di moneta metallica o per un am­montare supe­riore; attraverso “scoperti di con­to corrente”, rin­novabili “all’oc­correnza”; acqui­stando fittizia­mente immobili con retrovendita: alla fine tornano al proprietario e il Banco nel frat­tempo incassa le rendite». Il pri­mo scoperto a Napoli risale al 1612, mentre la Banca Nazionale di Scozia lo docu­menta nel 1728. Non sfugge che innovazione fi­nanziaria com­porta «elusione e aggiramento del­le regole»: le au­torità chiudeva­no un occhio per far scorrere gli affa­ri. E quando, nel 1622, si profila una grande crisi le autorità intervengono seguendo il principio «too big to fail»: troppo grandi per fallire. «Ven­gono messe in pratica misure che anticipano il bail-out (tasse girate ai Banchi) e il bail-in (parte del costo della crisi viene addossata ai deposi­tanti)».

Tutto ciò è documentato nell’Archi­vio storico, il più grande «labirinto» di documenti bancari del mondo che, con spirito «eroico», a partire da11963 viene riordinato, riorganiz­zato e risistemato da Eduardo Nappi. Bancario-calciatore, ottiene il trasfe­rimento in quelle stanze. E se ne in­namora. Al punto da essere oggi au­tore di oltre go pubblicazioni. A 8o anni gli è appena stato rinnovato il contratto di consulenza per un bien­nio: basta ascoltare la sua narrazione appassionata (e meticolosamente indagatrice) per capire che rappre­senta ancora a tutti gli effetti l’anima del tesoro custodito nei Palazzi Ricca e Cuomo. Dove scorrono oltre 5oo anni di storia, economica, sociale (e non solo) di Napoli e del Mezzogior­no, con «escursioni» in Europa, rico­struiti partendo dalla sequenza con­tabile di innumerevoli vicende per­sonali. Nappi, grazie ai libri del Ban­co dell’Annunziata che dimostravano attività bancaria dal 1463, retrodata a quell’anno la nasci­ta del Banco di Napoli.

E ricompone ca­pitoli fondamen­tali anche per l’arte e la storia. Come il «raccon­to» della fami­glia, del palazzo e della Cappella dei principi di San Severo, con Raimondo di Sangro che com­missiona a Giu­seppe Sanmarti­no il «Cristo vela­to»: dal giornale copiapolizze del Banco della Pietà si apprende che nel 1754 il lavoro frutta allo sculto­re 5oo ducati. C’è poi il «mistero» della Pala d’altare del i6o6 («Ma­donna col Bambino») commissiona­ta a «Michel’Angelo Caravaggio» da Nicolò Radolovich: dal giornale ma­tricola del Banco di S.Eligio si ap­prende che è stata pagata 200 ducati, ma non è mai stata ritrovata. E anco­ra, nel «regno» di Nappi sono custo­diti i documenti che indicano le «spettanze» di Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, protagonisti di grandi stagioni del Teatro San Carlo.

In quelle 33o stanze dunque, il filo rosso della contabilità e del «mo­dem banking» che nasce a Napoli nel Cinquecento ti conquista nel­l’inesauribile intreccio tra affari, ar­te, musica e misteri. E, per chi lo de­sidera, attraverso fedi di credito e po­lizze è possibile anche «scoprire» quanto costava nel Seicento un chilo di pane: è la storia quotidiana del­l’uomo. Forse la più appassionante.

Articolo tratto dal corriere della sera del 12.06.2017 a firma di Sergio Bocconi