L’Albergo dei Poveri: la costruzione II

I lavori per la costruzione dell’Albergo dei Poveri, come abbiamo visto, gravarono sulle casse statali e sui dazi indiretti, ma il mantenimento giornaliero degli ospiti fu a carico dei Banchi pubblici napoletani dai quali nacque il Banco di Napoli, che provvide ai bisogni dei poveri con continue erogazioni di danaro fino alla chiusura dell’ospizio avvenuta dopo il terremoto del 1980.

Circa trecento documenti ritrovati tra le scritture contabili dell’Albergo, che aveva un conto corrente presso i Banchi napoletani e poi presso il Banco di Napoli, ci danno una storia completa e vera di come si veniva accolti nell’Albergo, cosa si mangiava, le arti che si insegnavano, il comportamento che i rinchiusi dovevano rispettare.

Nei primi dieci anni furono accolti diseredati, molti dei quali travolti dalla crisi economica degli anni cinquanta, orfani e ammalati, tra i quali molti ciechi. Verso la fine del secolo XVIII alla struttura furono affidati anche ragazzi indisciplinati le cui famiglie pagavano una retta mensile per il loro mantenimento. Molte volte, poiché i vagabondi rifiutavano il ricovero, venivano effettuate retate notturne, come quella attuata tra il 23 e il 24 aprile 1779 che portò nell’ospizio 274 uomini tra i quali il più piccolo aveva nove anni e il più grande novantanove. In anni particolari l’Albergo fu costretto ad ospitare migliaia di bisognosi, allontanandosi di molto dagli 800 ospiti iniziali, stabiliti per Statuto.

Furono istituite scuole di arti e mestieri per insegnare ai giovani un lavoro per il futuro e varie aziende furono ospitate nel grande edificio, purché scegliessero gli operai anche tra gli ospiti dell’Albergo.

Nell’ospizio, come risulta dai documenti bancari, ci fu sempre abbondanza di vitto e vestiario. Nei due pasti giornalieri si consumavano maccheroni, semola, verdure, pane, riso, legumi, carne. Nei giorni di festa si servivano anche sorbetti e dolci. La frutta veniva offerta dai proprietari delle masserie retrostanti l’Albergo. Lo statuto prevedeva divise da lavoro e da passeggio. Sulle facciate  non poteva essere esposta biancheria per evitare il  degrado del fabbricato. Nel 1838, fu istituita una scuola di musica che formò valentissimi artisti.

I Borbone avevano a cuore la sorte dei fanciulli poveri e la prova è data da alcuni episodi rimasti memorabili. Nel 1783 il re aveva stabilito che i giovani rinchiusi nell’Albergo erano uguali in tutto agli altri suoi sudditi e, in quell’anno, infatti, costrinse il vicario del monastero di S. Giovanni a Carbonara ad accettare tra i frati un giovane educato nell’Albergo. Con un decreto del 1818 stabilì che tutti i giovani ammessi nella struttura dei poveri e in buone condizioni fisiche dovevano effettuare il servizio militare ed i più meritevoli potevano intraprendere la carriera tra le forze armate. Non a caso, il  battaglione dell’Albergo era ammiratissimo durante le parate (1).

E.Nappi – C.Francobandiera, L’Albergo dei Poveri. Documenti inediti XVIII – XX secolo, Napoli MMI

Tratto da Meridonarenews.it